Scoprire i fatti riguardanti i rischi della radiazione durante la gravidanza

Scoprire i fatti riguardanti i rischi della radiazione durante la gravidanza

Quando si tratta di prendersi cura delle donne in gravidanza, è fondamentale comprendere i rischi associati all’esposizione alle radiazioni derivanti dagli esami diagnostici. Sebbene ci siano principi chiari da guidare, come mantenere i livelli di radiazione “il più basso possibile e ragionevolmente ottenibile”, l’argomento è tutto tranne che chiaro. Trovare un equilibrio tra la salvaguardia della salute del feto e la garanzia di diagnosi accurate può essere una decisione complessa. Alla fine, richiede un processo di decisione condiviso con la paziente, tenendo conto del rischio di base della gravidanza.

A differenza di quanto molti credono, il rischio effettivo della radiazione per il feto è molto inferiore rispetto a quanto previsto. Infatti, il Documento di Consenso n. 723 pubblicato da Ostetricia e Ginecologia fornisce rassicurazione che l’esposizione alle radiazioni attraverso radiografie, tomografie computerizzate o tecniche di imaging in medicina nucleare si colloca entro livelli che difficilmente possono arrecare danni al feto in via di sviluppo. L’aspetto chiave è che queste tecniche non dovrebbero essere negate se necessarie per la diagnosi, specialmente quando l’ecografia o la risonanza magnetica da sole non possono fornire informazioni sufficienti.

Per mettere le cose in prospettiva, si stima che durante la gravidanza un feto medio sia esposto a circa 1 mGy di radiazione di fondo, mentre un volo transcontinentale espone un individuo a soli 0,01 mGy. Inoltre, non sono stati riportati danni fetali con esposizioni alle radiazioni inferiori a 50 mGy, che è una stima conservativa.

È essenziale determinare l’esposizione effettiva alle radiazioni di un test specifico per avere discussioni informate con i pazienti. Ad esempio, una radiografia addominale può risultare in una dose compresa tra 0,1 e 3,0 mGy, mentre una tomografia computerizzata del bacino può esporre il feto a 10-50 mGy. Queste stime si basano sulle linee guida fornite da ACOG, anche se possono verificarsi variazioni a seconda della fonte.

Per quanto riguarda i mezzi di contrasto, il contrasto orale non rappresenta un problema e gli studi indicano che meno dell’1% del contrasto endovenoso finisce nel latte materno e viene assorbito dall’apparato digerente del bambino. Per quanto riguarda la risonanza magnetica, si raccomanda prudenza nell’utilizzare il gadolinio, in quanto si ritiene essere teratogeno. Tuttavia, non è necessario interrompere l’allattamento al seno dopo l’amministrazione del gadolinio.

Per rendere questi numeri più comprensibili, un approccio possibile è tradurli in dollari. Ad esempio, una radiografia addominale sarebbe equivalente a circa 10 centesimi, e per raggiungere la soglia di 50 dollari (che rappresenta 50 mGy e oltre il quale non vi è rischio fetale apparente), sarebbero necessari 500 esami di questo tipo.

In sintesi, sebbene l’esposizione alle radiazioni durante la gravidanza debba essere ridotta al minimo, è importante riconoscere che i rischi spesso sono inferiori alle aspettative. La decisione condivisa tra operatori sanitari e pazienti in gravidanza, unita alla comprensione dell’esposizione alle radiazioni associate a test diagnostici specifici, è fondamentale per garantire una cura ottimale.

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